E’ possibile prevedere una crisi aziendale? Quand’è che un’azienda è in crisi? A dispetto del fatto che l’ideogramma cinese che rappresenta la parola “crisi” abbia il doppio significato di cambiamento e di opportunità, in Occidente, soprattutto negli ultimi anni, la parola crisi utilizzata in relazione a un’azienda ha un solo significato: l’impresa non è in grado di far fronte ai propri impegni.
Questo stato di cose può derivare da numerose cause, sia di origine interna che esterna, che a volte si combinano anche tra loro. Perciò, per cogliere i segnali di crisi, e prevenirne gli effetti, diventa indispensabile mettere a punto un sistema di controllo direzionale che permetta, in ogni momento, di valutare i parametri vitali (esterni o interni che siano) dell’azienda. La sopravvivenza delle imprese, oggi, è strettamente legata alla capacità di “apprendere”, per conoscere al meglio la propria clientela, ma anche la concorrenza, e di verificare costantemente la propria abilità nel rispondere (e nel superare) alle aspettative dei Clienti.
Dunque, come dicevamo, la struttura aziendale deve essere in grado di percepire e distinguere i sintomi di una eventuale crisi, prima di tutto identificandone la tipologia: è una crisi determinate da inefficienza o da sovrapproduzione? Chiaramente, i sintomi sono diversi a seconda del tipo di problema che stiamo esaminando. La crisi da inefficienza, che si presenta quando un’azienda presenta una marginalità inferiore a quella della concorrenza, tipicamente ha un impatto immediato su indicatori di tipo economico, che in un secondo momento possono avere riflessi anche di natura finanziaria. Viceversa in una crisi da sovrapproduzione vedremo un rapido peggioramento della rotazione di magazzino, un aumento significativo delle scorte di magazzino o l’allungamento del ciclo del circolante. Situazione che può peggiorare laddove i prodotti trattati siano soggetti a obsolescenza. C’è poi la possibilità che questa seconda tipologia di crisi sia più grave, nel caso in cui la produzione dell’azienda abbia perso di appeal rispetto al mercato (ad esempio in favore di prodotti analoghi provenienti dall’estremo oriente).
Studiosi e ricercatori si sono posti il problema di verificare se attraverso i dati di bilancio vi fosse la possibilità di anticipare l’insorgenza di una crisi. Numerose ricerche, iniziate già alla fine degli anni 70, hanno dimostrato che le situazioni di insolvenza sono diagnosticabili con un certo anticipo, utilizzando gli strumenti opportuni. In sintesi ci sono alcuni indicatori che sono strettamente correlati con situazioni di insolvenza:
- il primo indicatore è certamente il rapporto tra patrimonio netto tangibile e attivo netto. Un rapporto inferiore al 5% evidenzia una situazione critica, e comunque minore il rapporto, maggiore la probabilità di default.
- anche il tasso di indebitamento risponde a una logica simile: un rapporto tra indebitamento netto e totale attivo superiore all’85% segnala una elevata probabilità di crisi finanziaria.
- come dicono gli americani, cash is king perciò un terzo indicatore, molto utile da monitorare, è il rapporto tra cash flow e indebitamento totale. Valori prossimi allo zero o negativi sono indice di una crisi in atto.
- le banche, a loro volta, tengono sotto controllo il rapporto tra oneri finanziari e fatturato; insieme alla capacità di pagare tali oneri, questo rapporto, se supera determinati valori, rappresenta un evidente peggioramento della capacità finanziaria dell’azienda.
- da non trascurare il tasso di sviluppo del fatturato che, ove segnalasse una crescita troppo rapida (ad esempio in aziende giovani e start up) o, al contrario, perdite consistenti, è un indicatore di emergenza; un po’ come il livello dell’olio o la temperatura dell’acqua nella nostra auto.
A volta è sufficiente fermarsi un attimo a riflettere e ripensare la strategia di approccio al mercato per ripartire più motivati ed efficaci. Altre è necessario mettere a punto un piano industriale credibile per il futuro…. Per saperne di più