Per sopravvivere, in un mercato così cinico e selvaggio come quello odierno, bisogna fare attenzione proprio a tutto: una delle cose che sfugge all’attenzione di titolari di impresa e del management di piccole e medie aziende, è il cambiamento che si è venuto a creare nelle determinanti che condizionano le dinamiche dei costi aziendali.
Se fate mente locale, vi accorgerete immediatamente che il principale “driver” dei costi, oggi, non è più il volume delle vendite. Questa variabile, che per moltissimi anni è stata la vera determinante capace di condizionare l’entità dei costi, oggi rischia di portare fuori strada perché, sostanzialmente, non tiene conto di un dato divenuto fondamentale: la complessità.
La complessità, a parità di volumi di vendita, può far lievitare in modo completamente diverso i costi della la transazione, rendendola pertanto più o meno redditizia. Se per esempio ci soffermiamo a pensare al costo delle materie prime (o anche delle merci), costo variabile per eccellenza, notiamo che:
- c’è una bella differenza fra il servirsi da un unico fornitore o da più fornitori;
- le dimensioni dell’ordine possono fare la differenza e
- la modalità (e la località) di consegna possono migliorare o peggiorare le condizioni di acquisto.
Quello che preoccupa maggiormente, tuttavia, è che la complessità va ad affliggere anche i costi fissi, la cui entità cresce all’aumentare della complessità: basti pensare, a proposito di fornitori, al caso in cui chi è preposto agli acquisti debba gestire fornitori in Italia e all’estero: è evidente che in quest’ultimo caso diventa necessario dotarsi delle competenze (persone) giuste a svolgere quel determinato compito, con evidente aggravio dei costi di struttura.
La complessità è diventata parte integrante della produzione: se ci pensiamo fino a pochi anni fa la produzione era tipicamente “di serie”, cioè in modo altamente standardizzato. In quel contesto, la determinante di costo era certamente il volume di vendita, la cui riduzione o l’aumento erano in grado far cambiare in modo significativo il costo unitario. Oggi, invece, la tendenza comune è offrire prodotti sempre più “personalizzati”; pensiamo al mondo dell’automobile: se Ford ha iniziato dicendo “scelgano il colore che vogliono, basta che sia nero”, nella realtà attuale assistiamo a un proliferare di offerte di personalizzazione che permettono di avere un modello “unico” o quasi. Inoltre, poiché quasi sempre al prodotto vanno associati dei servizi, ecco che il costo unitario del prodotto diventa sempre più espressione di quelle che sono le richieste del Cliente.
In questo contesto la corretta determinazione del margine di contribuzione è un elemento essenziale per valutare la capacità dell’azienda (dei singoli prodotti o servizi) di produrre reddito e, quindi, di durare nel tempo. Per saperne di più inserite un commento, o contattateci per richiedere una consulenza preliminare senza impegno.