Il prezzo dei mancanti

Quanto pesano sul fatturato i prodotti «mancanti»? E qual è l’impatto dei «bassorotanti» sul margine?
Il prezzo dei mancanti
Photo by Arum Visuals / Unsplash

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Spesso capita di andare al supermercato per comprare una cosa specifica e di non trovarla. A me succede in continuazione... così oggi mi sono chiesto: "ma quanto pesano sul fatturato i prodotti «mancanti»? E qual è l’impatto dei «basso rotanti» sul margine?"

Purtroppo, per questo problema non esiste una statistica ufficiale: pensandoci, quando mai un commesso, o un addetto alle vendite, si prende la briga di segnare che un Cliente ha richiesto un certo prodotto e non lo ha trovato? E, soprattutto in spazi di vendita ampi (super, ipermercati) non è neanche detto che gli addetti ne vengano a conoscenza: semplicemente il cliente opterà per un prodotto diverso, oppure se ne andrà a cercare in un altro negozio.

Il Sistema Tradizionale (MIN/MAX)

Esistono, tuttavia, stime che ci dicono che in media, in un'azienda il numero dei prodotti "stockout", cioè dei mancanti, è calcolabile in un range compreso tra il 10% e il 25% mentre il numero dei prodotti "slow moving" (basso rotanti) si aggira intorno al 30%.

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Ovviamente non si può fare di ogni erba un fascio, e chiaramente parlare di numero di prodotti non equivale a parlare di valore, ma stando alle percentuali espresse, credo che si possa tranquillamente affermare che in media (di nuovo), considerando i prodotti mancanti, il fatturato effettivo di un'azienda rappresenta circa l'80% di quello potenziale.

Questo significa che se l'azienda fatturasse 100 milioni di euro, in realtà potrebbe fatturarne almeno 125 ove riuscisse a eliminare i mancanti. E con molta probabilità significa anche che il margine rappresenta l'80% di quello potenziale, a causa del proliferare di prodotti a bassa rotazione: se la stessa azienda in esempio chiudesse il bilancio con un margine lordo di 10 milioni, tale margine potenzialmente potrebbe essere di 12,5M sempre nell'ipotesi di riuscire ad azzerare i basso rotanti.

Le aziende tendono a risolvere questo problema utilizzando metodi forniti dai sistemi ERP, ad esempio impostando quantità minime (MIN) e massime (MAX) di un prodotto, definendo la quantità di scorta di sicurezza, il valore minimo dell'ordine e il lead time del fornitore per la consegna.

L'effetto Bullwhip

Purtroppo, gli algoritmi forniti dai sistemi ERP, per quanto validi, non sono in grado di considerare i cambiamenti che avvengono nei mercati (i consumatori cambiano gusti e opinioni) e spesso le politiche dei vendor sono tali da favorire l'accumulo di prodotti invenduti: sconti per lotti maggiori, per il pieno carico, per il canvas, la campagna e così via. Senza considerare fenomeni come il "bullwhip effect", descritto magistralmente da Peter Senge nel libro "The Fifth Discipline", dove una piccola, ma non contemplata, variazione nella domanda dell'utente finale si ripercuote in modo esagerato sui canali distributivi a monte

source: https://www.linkedin.com/pulse/bullwhip-effect-hidden-lever-fmcg-profitability-yaser-mutaher

Il Sistema Pull

Dunque, esiste una soluzione? La risposta è sì, modificando il modello di rifornimento e passando quindi da un sistema "push" a un sistema "pull": il "trucco", se così vogliamo chiamarlo, è quello di spostare il focus dal forecast (che per sua natura è inaffidabile) ai consumi reali (per natura esatti) e utilizzare un algoritmo che consenta di calcolare il valore ideale di scorta che, a sua volta, verrà gestito con un criterio diverso, essendo soggetto a frequenti ricalcoli (anche giornalieri) per capire:

  • se riordinare
  • la quantità di riordino
  • l'urgenza del riordino
  • se e come modificare il valore di scorta

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